Full costing: cos’è, da dove nasce e rischi collegati

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Nel mondo complesso e dinamico delle aziende, la valutazione accurata dei costi è cruciale per una gestione finanziaria efficace. Tra i vari metodi utilizzati per questo scopo, il full costing rappresenta una metodologia di calcolo dei costi che suscita dibattiti accesi e continua a destare interesse nell'ambito dell'economia aziendale. Questo metodo di attribuzione dei costi non è solo una prassi contabile, ma anche una decisione strategica che influisce sulle valutazioni finanziarie e sulle decisioni operative delle imprese.

L’errore originale presente alla base di tutti questi ragionamenti è che la fissazione del prezzo di un prodotto debba essere fatta con un approccio cost-driven anziché market-driven. Deve, infatti, essere il mercato (e in particolare il mio cliente) a definire che prezzo dare al valore che porto con il mio prodotto così da acquistarlo (o meno) solo quando valore e prezzo risulteranno allineati.

Qualche definizione prima di iniziare

Prima di iniziare con una efficace trattazione, condividiamo alcune definizioni in modo da avere una base comune di ragionamento.

Definiamo full costing (o costo pieno) l’approccio contabile per il quale vengono attribuiti (imputati, ribaltati o spalmati) al prodotto non solo i costi certamente imputabili ad esso (i.e. costi variabili) ma anche i costi fissi (i.e. affitti, stipendi, …). Questa operazione avviene secondo metodi di ripartizioni variegati (i.e. numero di pezzi prodotti, ore uomo, ore macchina, fatturato dell’anno precedente, …).

Alcuni metodi alternativi di valutazione dei costi possono essere:

  • activity-based costing (ABC): approccio sofisticato di attribuzione dei costi secondo il quale ogni attività legata al prodotto (i.e. ogni centro di costo) presenta una differente caratteristica; il costo dovrà essere ribaltato sul prodotto sulla base del rapporto con quello specifico driver;

  • direct costing (o costo diretto): attribuzione al prodotto dei soli costi variabili ad esso direttamente imputabili con aggiunta delle ore uomo necessarie per la realizzazione del prodotto in esame;

  • industrial costing (o costo industriale): attribuzione al prodotto dei soli costi variabili (soprattutto nei casi in cui la capacità produttiva risulta essere eccessiva quindi le ore uomo o, meglio, il monte stipendi può essere considerato alla stregua di un costo fisso).

Origine del full costing

L’approccio del full costing risponde ad un’esigenza storia presente, ad esempio in Italia, dal secondo dopoguerra. Per ricostruire velocemente tutto quello che era stato distrutto negli anni precedenti, si aveva la necessità di fornire ai nuovi imprenditori (spesso gente comune con ottime idee ma ridotta o nulla conoscenza a livello di business) un metodo di valutazione dei costi semplice e veloce che permettesse, con l’aggiunta di un certo margine, di far fiorire la nuova industria senza farle rischiare (eccessivamente) di perdere tutto.

Negli anni, però, la variabilità dei costi e l’imprevedibilità del mercato hanno reso pericolosa l’adozione del full costing come unica modalità di valutazione dei costi. Attualmente, infatti, si ha la necessità di affiancare questo approccio anche con almeno uno, ad esempio, tra quelli che abbiamo presentato precedentemente.

Il prezzo di un prodotto

Un’azienda deve essere in grado di valutare correttamente il costo di un prodotto al fine di usare questa come base di partenza per la definizione del prezzo del prodotto stesso. Fermo restando che, come detto in introduzione, la corretta valutazione del prezzo del nostro prodotto dipende sempre e solo dal valore che forniamo al cliente che lo riceve.

Eventuali problematiche legate ad un prezzo troppo basso, quindi, devono essere evitate con una corretta valutazione dei costi di produzione pena il fallimento, presto o tardi, dell’impresa. La definizione, all’opposto, di prezzi eccessivamente alti avrà un’analoga conseguenza finale poiché il mercato non premierà le mie scelte e non comprerà quello che offro. Trovare il giusto prezzo è un passaggio di fondamentale importanza ma di questo ci occuperemo in un altro momento. Basti sapere, al momento, che esso deve essere definito dal lavoro congiunto di: produzione, contabilità, vendite e marketing (inteso come conoscenza dei clienti e studio della concorrenza).

Rischi collegati all’utilizzo del full costing e come superarli

Nonostante la sua longevità e la sua diffusa applicazione, come già anticipato, il full costing non è privo di critiche e rischi. Imputare ad un singolo prodotto un eccessivo “carico” di costi può portare a significative distorsioni e quindi ad errori nelle valutazioni di produzione e vendita di un determinato prodotto.

L’errore originale sta nel considerare in maniera errata alcune “componenti” di costo e nel farle rientrare nella valutazione del prezzo del prodotto. Se, ad esempio, considerassimo ammortamenti e costi di ricerca e sviluppo all’interno del costo di un certo prodotto esso sicuramente avrà un costo più alto di un altro. Se, invece, per ridurre questo effetto, spalmassimo questi costi anche su altri prodotti che non traggono valore dall’impego di nuovi macchinari o dai nuovi sviluppi tecnologi attuati, allora avremo che il primo prodotto presenterà un prezzo leggermente inferiore ma tutti gli altri se lo vedranno aumentato. Come risponderà il mercato ad un conseguente aumento dei prezzi dei miei prodotti?

Analoghi ragionamenti devono essere tenuti a mente anche nel caso in cui si vogliano ribaltare costi fissi sul prodotto. Valutare, ad esempio, che i costi di affitto dei locali o quelli di una determinata fiera debbano essere coperti dalle vendite del prodotto X e che da esse debba rimanere una marginalità di Y (che è giusto richiedere per il lavoro svolto) porta a fissare un prezzo eccessivamente elevato che il mercato potrebbe non essere pronto ad accogliere.

Il problema si trova nell’errata definizione delle grandezze di cui abbiamo appena parlato. Ammortamenti e costi di R&S non sono costi da imputare al prodotto ma piuttosto sono investimenti fatti dall’azienda che devono essere coperti grazie alle marginalità realizzate grazie ai beni che l’impresa realizza. In maniera del tutto simile, i costi fissi non sono costi del prodotto ma utili sperati, margini prudenziali; in altre parole sono gli utili che vorrei ottenere grazie alla marginalità presente su quel prodotto.

Usare un approccio come quello del direct costing permette di avere ben chiari questi aspetti e di capire che i costi direttamente imputabili al prodotto (e quindi oggetto di particolari attenzioni nel caso di decisione strategiche) sono solamente quelli necessari “fisicamente” per la realizzazione del manufatto.

Un altro errore del full costing si ha nell’elevata aleatorietà con la quale si rapportano i costi fissi al singolo prodotto; definire una certa quantità di unità prodotte, non è altro che una speranza (del tutto arbitraria) che si venda una certa quantità di beni ma non è un metodo oggettivo perché, come gli ultimi anni ci hanno ben insegnato, lo storico non è in alcun modo garanzia del futuro.

Come amano dire nel mondo anglosassone

Turnover is vanity, profit is sanity but cash is reality.

Un aiuto può essere dato dal ragionare sulla marginalità unitaria che possiamo ottenere facilmente con l’approccio direct costing (Δ€/pz = prezzo - costo di produzione) e, con essa, valutare il punto di pareggio della singola commessa (i.e. quanti prodotti devo vendere per coprire completamente gli investimenti fatti). Osservando il problema da questo punto di vista, infatti, risulta più facile comprendere la definizione per la quale i costi fissi sono utili sperati.

Se la marginalità non dovesse risultare sufficiente per coprire costi fissi e altri investimenti, dapprima dovremo agire sulla riduzione dei costi delle materie prime e controllo degli sprechi e, solo in un secondo momento, sulla possibilità di variare il prezzo del prodotto (perché il mercato potrebbe non accogliere positivamente questo cambiamento).

Alcuni consigli pratici

  1. Utilizzate metodologie di valutazione dei costi che siano il più oggettive possibile o, almeno, affiancate al full costing altre metodologie come il direct costing (vista la sua semplicità di utilizzo) in modo da avere più elementi per valutare la stessa operazione.

  2. Non considerate mai ammortamenti, costi di ricerca e sviluppo e costi fissi nel costo complessivo di un bene; essi sono rispettivamente investimenti e utili sperati dell’impresa e, in quanto tali, non devono corrispondere ad un aumento dei prezzi a meno che non risulti, contestualmente, accresciuto il valore fornito al cliente.

  3. I prezzi devono essere market-driven e non cost-driven. Se così non fosse, proporremo prezzi sbagliati (troppo alti o troppo bassi) e l’impresa fallirà. Il legame tra prezzo e costo è un errore concettuale, il vero driver del prezzo deve essere il valore fornito al cliente.

  4. Se la capacità produttiva interna fosse satura e il cliente fosse particolarmente importante per l’impresa, devo cercare di soddisfare il suo ordine in ogni modo rivolgendomi all’esterno, anche se questo può significare un margine (per unità di prodotto) inferiore. Avere un margine inferiore (purché positivo) è sempre un aiuto a coprire costi fissi ed altri investimenti. Queste valutazioni risultano molto più chiare utilizzando il metodo del direct costing.

  5. Se la capacità produttiva interna fosse in eccesso (come durante il periodo CoViD), invece, dovremo ritenere le ore uomo alla stregua di costi fissi e, quindi, non considerarle nella valutazione della marginalità di prodotto e dovremo cercare di vendere prodotti che riducano il cash out necessario per la loro produzione. In pratica, stiamo utilizzando l’approccio dell’industrial costing.

  6. Ripensate agli incentivi forniti ai commerciali, incentivarli solo in base al fatturato porterà a vendere a qualunque prezzo mentre, utilizzando anche KPI legati alla marginalità, loro saranno spinti anche a ricercare il prezzo migliore di vendita del prodotto. Ricordate che “il fatturato è vanità, il margine è verità ma la cassa è realtà”.

  7. Ogni volta che sentite la frase “al posto del valore X di (esempio) manodopera, metti Y così riusciamo a far quadrare i conti”, scappate (metaforicamente). Gli errori più grossi si annidano nell’utilizzo di dati non veritieri né rappresentativi della realtà e la conseguenza più diretta di ciò è la valutazione errata della scelta che vi si pone di fronte.

Ricapitolando

La valutazione dei costi è un’operazione molto importante per ogni realtà imprenditoriale ma deve essere propedeutica alla valutazione del margine di prodotto e non alla fissazione del suo prezzo.

L’approccio full pricing non deve essere dismesso dall’oggi al domani (sia per motivi culturali che per effettiva utilità) ma deve necessariamente essere affiancato da altri metodi di valutazione come il direct costing e, soprattutto, bisogna educare le persone a leggere le informazioni e i dati per ciò che realmente rappresentano.

Da ultimo, ricordate che sono i margini di contribuzione a permettere di dedurre i costi fissi e, in quest’ottica, che ogni tanto può essere meglio vendere più prodotti con un minor margine che molti meno prodotti con una marginalità più elevata.